Beppe Martinelli analizza la situazione del ciclismo italiano: “Se ci fossero 1-2 squadre importanti in più, anche Professional, un futuro un po’ più roseo l’avremmo di sicuro”

Sul possibile futuro da CT dell'Italia, l'esperto DS ha ammesso: "In questo momento credo che sia molto difficile. Con Bennati ho un buon rapporto, ma se hanno bisogno sono disponibile"

Anche se il prossimo anno non sarà più in ammiraglia, Giuseppe Martinelli vuole restare coinvolto nel mondo del ciclismo. Tra i più vincenti direttori sportivi degli ultimi 40 anni, durante i quali ha guidato al successo corridori come Marco Pantani e Vincenzo Nibali, il 69enne bresciano aveva annunciato negli scorsi giorni che il prossimo anno non sarà più tra i DS dell’Astana Qazaqstan, non nascondendo di sognare in futuro una nuova esperienza come commissario tecnico della nazionale italiana. Intervistato a riguardo da Radiocorsa, Martinelli ha anche detto la sua sulle difficoltà che sta attraversando il movimento italiano.

“Più di una volta hanno chiesto se mi piacerebbe o non mi piacerebbe [fare il CT] – le parole di Martinelli – Ora che sono uscito dall’Astana e che sono un pochino più sereno, un pochino più tranquillo, a una domanda di un giornalista ho risposto ‘Sì, mi piacerebbe’. Ma senza nulla togliere a nessuno, al limite aggiungendo qualcosa come esperienza o per aiutare questo mondo del ciclismo che io amo. Con Bennati ho un buon rapporto, lo conosco perché è stato anche un mio corridore; perciò se hanno bisogno io sono disponibile, però sicuramente in questo momento credo che sia molto difficile“.

Il ruolo di CT dell’Italia è sicuramente diventato più difficile negli ultimi anni vista la carenza di grandi campioni e la situazione del ciclismo italiano: “Ma è anche per questo che, alla fine, ti attira un po’ rispetto agli anni in cui tutto andava bene – ha ammesso il 69enne – Se forse ci si mette più di una persona, o un gruppo di lavoro, qualcosa si potrebbe anche fare. So che è difficile, perché quando hai dei campioni davanti che sono più forti di tutti, anche se tu hai dei buoni corridori, fai fatica a fare il risultato”.

“Però non bisogna mollare mai, perché alla fine nel ciclismo italiano, se ci fossero una o due squadre importanti in più, anche Professional, che fanno crescere i giovani, secondo me un futuro un pochino più roseo l’avremmo di sicuro – sostiene l’ormai ex DS dell’Astana – Ma in questo momento, quando tutti i nostri atleti, piccoli o grandi che siano, vanno all’estero e devono fare un lavoro dove non riescono a crescere più di tanto, è difficile avere un futuro che può essere roseo”.

Tra coloro che sono emigrati all’estero c’è anche Lorenzo Finn, laureatosi campione del mondo tra gli juniores a Zurigo: “Ho avuto l’occasione di poterlo veder pedalare perché sono andato a vedere due o tre volte delle corse che ha vinto lui, e lo vedi che ha una classe incredibile. Già due anni fa avevo detto che poteva essere il campione del futuro”.

Tra gli junior e i dilettanti abbiamo qualcuno in cui sperare bene – ha proseguito il dirigente bresciano – ma abbiamo bisogno di una squadra in più oltre a quelle che ci sono, oltre a Reverberi, a Basso, per fare in modo che questi ragazzi abbiano la possibilità di correre in una squadra italiana, con un management italiano e sponsor italiani. E allora Finn, al posto di andare a farsi le ossa in una squadra straniera, lo potrebbe fare in Italia e magari con qualcosa di più da poter creare, come erano la Lampre o la Liquigas nei primi anni, quando hanno fatto crescere i Nibali e compagnia bella”.

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